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Putin, Kirill e il Mondo russo – La restaurazione secondo la dottrina del Russkiy Mir

La diplomazia si muove. Anche in treno, se necessario.

I leader di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia si sono recati a Kiev, in rappresentanza del Consiglio europeo, per un incontro con il presidente ucraino Zelensky

Nel frattempo, Cina e Stati Uniti si confrontano sugli effetti delle sanzioni economiche nei confronti della Russia e su un paventato appoggio economico-militare a Putin da parte della Cina.

Anche se il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov nega che la Russia abbia chiesto alla Cina qualsiasi tipo di assistenza. Dal canto loro, gli Stati Uniti premono sulla diplomazia cinese per scongiurare l’ipotesi di interventi economici o invio di armi dalla Cina.

Sul terreno rimangono però le bombe che continuano a cadere sulle città ucraine, l’apertura di corridoi umanitari e la questione dell’accoglienza ai profughi nei paesi confinanti.

In sospeso rimane anche la domanda principale di queste settimane. 

Dove vuole arrivare Vladimir Putin? 

L’obiettivo più  immediato è quello di evitare il passaggio dell’Ucraina nell’Unione europea, e più in particolare la sua adesione alla Nato, che rappresenterebbe un forte ostacolo al piano del presidente russo di creare un blocco unico, dalle frontiere occidentali dell’Ucraina fino a Vladivostok, in Siberia, e includa altre repubbliche dell’Asia centrale.

Un disegno geopolitico che si va facendo sempre più leggibile agli occhi della diplomazia internazionale, ma che ha radici antiche. Va, infatti, inquadrato nel grande progetto di riportare la Russia alla sua “centralità” rispetto al blocco economico-politico occidentale rappresentato dalla UE e dalla Nato.

Strategie di lungo corso

In Russia l’elaborazione di simili piani di “restaurazione” ha una certa tradizione politica.  In epoca sovietica, il compito di stilare questi piani di sviluppo spettava al “Gosplan”, Comitato statale per la pianificazione, che a cadenza quinquennale dettava le linee principali in campo economico e sociale. Venne liquidato da  Eltsyn  nel 1991, nel momento in cui la politica russa iniziò ad aprirsi al liberalismo.

 

La sede storica del “Gosplan”, Comitato statale per la pianificazione. (da Wikipedia)

Nel 2012 fu proprio Vladimir Putin a rimettere nell’agenda politica questo genere di pianificazione, per dare un orientamento economico più adeguato alla realtà del paese, e più aderente alla “dottrina russa” del Russkiy Mir (Mondo russo), di recente comparsa sulla cronaca internazionale grazie all’appello, pubblicato sul sito Public orthodoxy, dei teologi ortodossi che osteggiano l’appoggio dato a Putin dal Patriarca di Mosca Kirill.

Il Patriarca di Mosca. Kirill (da Wikipedia)

Una visione politica pericolosa

Ma “Russkiy Mir” non è solo un concetto ideologico-religioso, ma ha una più profonda valenza etnologica, almeno secondo la visione dell’élite politica russa e dello stesso Putin, che ne ha fatto nel corso dei decenni un concetto centrale della propria politica nazionale ed internazionale, a partire proprio dal principale elemento aggregante di un popolo: la lingua comune. È infatti la lingua russa il fattore chiave della politica estera della Federazione Russa. 

Per il Cremlino è parte di “Russkiy Mir” chiunque “parli e pensi in russo”. In quest’ottica di lingua comune, di appartenenza a radici storiche comuni, l’Ucraina era nel mirino di Vladimir Putin già da molto tempo. Preoccupa, e molto, la tendenza espansionistica legata a questo concetto, così come la continua opposizione della Russia all’autodeterminazione nazionale di altri stati appartenenti alla stessa area geografica, un’opposizione fondata su una precisa idea e su una forte volontà di affermazione, tale persino da giustificare un conflitto armato su più larga scala.

Immagine dal web


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