Nimona nasce da sceneggiatori esuli dalla Pixar e dalla Disney, due registi di cui uno esordiente totale e l’altro con esperienza in film d’animazione minori e marginali. Tutti al lavoro per uno studio molto indipendente con le idee molto chiare (Annapurna) e salvati da Netflix dopo essere stati scaricati dalla Disney (era originariamente un progetto Fox/Blue Sky, destinato alla chiusura dopo che la Disney li ha comprati).
Così, attraverso il percorso più selvaggio, arriva un film d’animazione sufficientemente tradizionale nell’impianto (viene da una graphic novel) e nelle premesse. Una storia di un futuro che sembra passato, governi che comandano tramite la paura e mostri che invece non sono mostri. Tutto però pieno di vita, idee e voglia di essere diverso nella realizzazione.
Trama
Nimona cerca di sovvertire dolcemente e da dentro quello che sappiamo delle formule per i film americani, così tanto da sembrare (a tratti) poco americano.
In un futuro tecnologico che rimanda al medioevo, una città le cui enormi mura la proteggono dai mostri, elegge ogni anno i suoi nuovi cavalieri (praticamente il suo esercito) e li sceglie dai ranghi più nobili. Quando invece sarà un umile ragazzo figlio di nessuno a poter diventare un grande cavaliere, questi verrà incastrato e si alleerà con una strana ragazza piena di poteri magici e vogliosa di essere una villain.
Ottima direzione artistica
Nell’art direction di Nimona c’è tutto quello che gli altri film animati non vogliono essere: inventivi. Invece di copiare lo stile pupazzoso della Pixar, utilizza lo shading misto a computer grafica. Qualcosa che si avvicina molto al ben noto The Legend of Zelda: Breath Of The Wild.
Fonde cose che non dovrebbero poter stare insieme, come il mondo della fantascienza e le atmosfere medievali, tradizione e personaggi omosessuali e archi narrativi non convenzionali in un canovaccio invece molto abusato.
Anche in virtù di questo design diverso può far passare personaggi diversi senza che stonino. E così Nimona, da spalla, gradualmente prende centralità e presto capiamo essere più interessante del protagonista, per come è raccontata.
Il meglio dell’animazione occidentale e orientale
Dal cinema d’animazione nipponico Nimona prende un po’ di character design oltre all’ottima capacità di gestione del mistero. C’è anche una citazione ad Akira, quando un puntino di luce entra nella mano di un personaggio. Dal cinema americano invece prende il ritmo indiavolato e l’umorismo (più il finale di Monsters & Co.).
Sembra strano dirlo dopo aver elencato una serie di omaggi ad altri film, Nimona è uno dei prodotti più autonomi e originali visti negli ultimi anni, capace di prendere le solite formule e i soliti personaggi e trasformargli intorno il film, fino a non sembrare più ripetitivo ma al contrario basato su una formula solo sua.
Il commento su una società in cui il potere fa di tutto per tenere le persona spaventate così che siano più facili da controllare è quello che è, il solito arco di integrazione del diverso, ma la maniera in cui il film effettivamente parla di integrazione, mettendo sullo stesso piano tante specificità e non solo le più flagranti, equiparando ciò che sembra diverso a ciò che diventa diverso, è un approccio davvero “diverso”.
Conlcusioni
Nimona si assicura di mostrare come tutto un impianto mediatico intorno ai potenti racconti al popolo chi sono i cattivi, dai cereali ai programmi televisivi. Parla non solo di concetti astratti ma degli spot che vediamo e di come funziona la nostra società.
Vuole anche spiegare quanto i cattivi siano cattivi, si comportino come come tali, cioè il fatto che sono loro i primi a credere all’etichetta che gli viene appiccicata addosso.
Di nuovo, una morale non diversa da altre che si trovano altrove, ma raccontata, spiegata e inserita nella storia in maniera tutta sua, e quindi più sensata, appropriata, credibile.