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I Giganti di Pietra di Campana – una Stonehenge nel cuore della Calabria

I misteriosi megaliti dell'Incavallicata che potrebbero cambiare la storia dell'umanità.

L’Incavallicata è una valle che fa parte del Comune di Campana, un piccolo paese di 1600 abitanti, che sorge a 600 mt di altezza tra lo Ionio e la Sila.

Questo luogo, circondato da una natura incontaminata e maestosa, è divenuto famoso in tutto il mondo per la presenza di due pietre misteriose. Per l’esattezza due megaliti, chiamati l’Elefante e il Guerriero, che gli hanno valso l’appellativo di Stonehenge della Calabria.

Non si sa quale antico popolo abbia potuto scolpire in questo modo la pietra.
Le teorie a riguardo sono molte e varie, ma, sicuramente, le Pietre di Campana hanno fatto compiere, agli archeologi e agli storici, un salto all’indietro, verso un tempo così antico e lontano da dover rivedere le attuali datazioni conosciute. Un passato così remoto che potrebbe cambiare l’intera storia dell’umanità.

Le Pietre di Campana e il mistero dell’Elefante

Ma cosa sono queste pietre così famose e, allo stesso tempo, misteriose chiamate il Guerriero e l’Elefante?

La prima scultura rappresenta un guerriero seduto, di cui restano solo le gambe. È alta 7,5 metri.
La seconda e più famosa scultura, rappresenta un elefante, splendidamente scolpito, ed alto 5,5 metri. Sembrerebbe che sul suo dorso vi fosse la statua di un uomo, di cui restano solo le gambe. Se così fosse, la sua altezza era pari alla prima statua, cioè quella del guerriero.
Sotto le due figure, nel blocco di roccia sottostante, sono state scavate due piccole grotte, forse testimonianza di una civiltà cavernicola.

La statua dell’Elefante è quella più famosa, e quella che maggiormente ha catturato l’attenzione degli studiosi. L’elefante raffigurato nella pietra, infatti, non è della stessa specie di quelli del nostro tempo. Sembra si tratti di un Elephans Anticuus, una specie di pachiderma, ormai estinto, che ha popolato l’Europa nel Pleistocene medio, all’incirca da 500,000 a 70,000 anni fa. Tal specie è precedente ai Mammut.

L’Elefante di Campana (CS), Calabria (italia)

Elephans Anticuus: un elefante del Pleistocene

Ma cosa ci faceva un elefante nel cuore della Calabria? È possibile che questo esemplare vivesse in queste zone? Noi siamo abituati a collegare gli elefanti all’Africa, ma dobbiamo capire che nella preistoria il clima, e di conseguenza gli habitat del nostro continente, erano profondamente diversi.

La risposta a questo mistero arriva nel novembre del 2017, per una pura casualità.
Come in una delle migliori puntate di X Files, due impiegati della Soprintendenza del Parco Nazionale della Sila stavano passeggiando tranquillamente sulle rive del Lago Cecita, nei pressi di Camigliatello, in provincia di Cosenza. La stagione era stata alquanto siccitosa e le acque si erano ritirate, lasciando scoperti lembi di sabbia limacciosi. All’improvviso i due uomini notarono i resti di una lancia longobarda. Si avvicinarono e smossero l’oggetto per meglio visionarlo, accorgendosi della presenza di un molare che sembrava appartenere ad un elefante. Avvisarono subito le autorità competenti.

Un altro caso volle che sul posto si trovava un gruppo di esperti paleontologi molisani che, in quel periodo, stava lavorando a San Lorenzo Bellizzi. Gli scavi furono organizzati velocemente e, nell’estate del 2017, venne alla luce uno scheletro completo di Elephans Antiquus, un elefante del Pleistocene detto anche elefante dalle zanne dritte, vissuto quasi un milione di anni fa. Poteva raggiungere fino a quattro metri di altezza al garrese e 10/12 tonnellate di peso.

In Italia furono trovati alcuni resti dello stesso elefante nel 2013 nella zona del Viterbese e a Reggio Calabria. Era questo il tassello che mancava per comprendere meglio i Giganti di Campana. La conferma che questo elefante non solo è realmente esistito in Calabria, ma è stato immortalato nella pietra da un popolo antichissimo e sconosciuto.

Lago Cecita, Parco Nazionale della Sila (Calabria, Italy)

I tesori del Parco Nazionale della Sila

Per i megaliti di Campana si è scomodato anche il National Geographic, dedicando sulla sua rivista uno speciale sui tesori archeologici e paleontologici del Parco Nazionale della Sila.

A questo proposito, Il Parco Nazionale della Sila, nel pieno della sua candidatura a Sito Patrimonio dell’Umanità Unesco, non è nuovo a queste eccezionali scoperte.
Qui, infatti, sono stati ritrovati tesori archeologici e paleontologici di inestimabile importanza:

  • un tempio magno-greco, dedicato ad una divinità femminile sconosciuta;
  • Un’officina per la produzione di armi longobarde, dove sono state trovate spade di tipo scramasax in vari stadi di lavorazione;
  • Una strada romana ancora in eccellente stato.

Ed ora, l’incredibile ritrovamento di questo scheletro di Elephans Anticuus, destinato a riscrivere la storia.

I Giganti di Campana (CS) – Calabria 

Cosa sono i megaliti di Campana e perché sono importanti?

Ma perché tutto il mondo scientifico si è interessato, e sorpreso, davanti a queste particolari pietre? Quale popolo le ha costruite, e per quale motivo?
Le domande attorno a questi megaliti sono molte e, purtroppo, ad oggi, non tutte trovano una risposta risolutiva; possiamo fare solo ipotesi, mentre gli studiosi continuano ad indagare sulle loro origini.

Certo è che l’importanza che rivestono queste pietre è davvero notevole.
Sono davvero uniche, e in nessun altro luogo d’Europa esistono dei megaliti simili a quelli di Campana. Se davvero fossero opera dell’uomo, ci troveremmo davanti alla scultura preistorica più grande del Continente.

Bisogna andare fino in Perù per trovare dei megaliti simili. Precisamente a Marcahuasi, un altopiano della cordigliera delle Ande a est di Lima, a 4000 mt di altezza; anche qui i misteri sono moltissimi.

Le pietre di Campana e le ipotesi sulla loro costruzione

L’esistenza di questi megaliti ha sollevato svariate ipotesi.
Inizialmente si è pensato fossero stati modellati dalle forze della natura ma, dopo attente osservazioni, e grazie anche all’interesse dell’architetto Domenico Canino che, nel 2002, ha iniziato a studiare le statue coinvolgendo anche l’Università della Calabria, si è arrivati alla convinzione che siano opera dell’uomo.

Dalla valle dell’ Incavallicata si vede il mare Ionio.
Questo luogo era già conosciuto nel 1600, e venne segnato sulle mappe a da un famoso cartografo del tempo: Antonio Magini, che lo indicò come il Cozzo de li Giganti.

Grazie a numerosi reperti rinvenuti, il luogo in cui sorgono i Giganti di Campana risulta essere abitato sin dall’Età del Ferro. I megaliti potrebbero essere opera di qualche antico popolo preistorico, o di un antico popolo venuto dal mare?
Sulla base degli indizi che abbiamo, non possiamo ancora avere risposte certe sulle pietre di Campana. Possiamo formulare ipotesi e cercare di analizzarle il più razionalmente possibile.

Le ipotesi sulla loro costruzione sono 3:

  • La prima fa risalire le sculture alla spedizione di Pirro nei primi anni del III sec. a.C. È certo, infatti, che nel suo esercito erano presenti degli elefanti;
  • La seconda ipotesi ci porta ad Annibale e alla seconda guerra punica verso la fine del III sec. a.C.
    Annibale soggiornò per lungo tempo in Calabria, e sicuramente anche in Sila. Tuttavia sappiamo che dopo aver sceso le Alpi, dei suoi 38 elefanti solo uno sopravvisse. Inoltre, si individua uno dei suoi accampamenti più importanti, il Castra Hannibalis, nella zona marina di Catanzaro; molto più a sud di Campana;
  • La terza è quella che sta prendendo più credibilità, ovvero la presenza di un antico e sconosciuto popolo preistorico, che viveva in questa zona della Calabria. Infatti l’elefante raffigurato non è asiatico né africano, ma appartenente ad una specie ormai estinta.

I Pelasgi e le pietre di Campana

Nel mistero della costruzione delle Pietre di Campana potrebbe, dunque, essere azzardata anche l’ipotesi dei Pelasgi. Questi erano un antichissimo e leggendario popolo del mare, antecedente alla civiltà greca, che solcò il Mediterraneo colonizzando molte terre.
Esistono, a riguardo, tracce concrete della presenza dei Pelasgi in Calabria.
Sia a Crotone che a Botricello fu trovata, negli anni ’90, la Lamina Pelasgica tradotta dal prof. Domenico Raso.

I Pelasgi furono una vera e propria cultura multietnica, che seppe fondere armoniosamente diverse culture e patrimoni sociali. Secondo antiche narrazioni mitologiche, i Pelasgi sarebbero stati gli eredi diretti della leggendaria città sommersa di Atlantide. Questo popolo affonda le sue leggendarie radici in un epoca ricollegabile alla mitica Età dell’Oro, ben oltre i confini della Storia a noi conosciuta e prima ancora della preistoria.
Erano devoti alla Grande Dea Creatrice, connessa al culto delle acque e sposa di un Dio Toro simbolo di fertilità e potenza legato al culto della Terra.

Ai Pelasgi ci si riferisce proprio come a “Giganti”, grazie alla grandezza del modello culturale che essi hanno rappresentato, e per l’immensità del sapere che essi custodivano. Forse furono proprio loro ad erigere queste pietre sulla valle dell’ Incavallicata? Una valle che guarda sempre al mare, il luogo della loro provenienza.

Non sappiamo se le pietre di Campana avevano uno scopo celebrativo, oppure sono state poste lì come custodi di un qualche misterioso tesoro. Possiamo solo immaginare, guardando questi megaliti, quanto potesse essere grande questo popolo, che è riuscito a tramandare fino a noi scorci di storia ancora tutta da scoprire.

 


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