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X agosto 2048: analisi del nuovo capolavoro di Rancore

L'acclamato rapper Rancore torna con tre nuove canzoni. Ecco a voi l'analisi approfondita di una di queste: X Agosto 2048!

Anno 2048.
12 anni dall’inizio della terza guerra mondiale. Una guerra ormai conclusa di cui noi sappiamo pochissimo oltre al fatto che i resti degli scontri viaggiano in orbita e minacciano di precipitare sulla Terra. Gli esseri umani sono dunque chiamati a evitare i rischi derivanti da queste precipitazioni di detriti spaziali e inviano degli “spazzini” allo scopo di ripulire l’orbita terrestre. Tra questi viene inviato anche un padre, che decide di inviare una lettera al figlio rimasto sulla Terra.

Questa è la premessa fondamentale del secondo brano della trilogia di canzoni che anticipa l’uscita del nuovo album del rapper Rancore, intitolato Xenoverso, in uscita il 15 aprile 2022 su Amazon music e su altre piattaforme.

Ma di cosa ci parla il testo di X Agosto 2048 e per quale motivo viene citato Pascoli? Di seguito troverete un’analisi approfondita di ogni elemento presente all’interno della canzone di Rancore.

Il titolo: un duplice significato

Definito il contesto, concentriamoci innanzitutto sul titolo: X agosto 2048. Una data quindi, ma non una qualunque: è il giorno di San Lorenzo, famoso per la maggiore probabilità di vedere stelle cadenti in cielo, ed è il titolo di una famosa poesia di Pascoli. Analizziamo attentamente entrambi i significati.

Il riferimento a Pascoli

Ciò che subito attira l’attenzione è la grafia utilizzata da Rancore per il titolo, che contiene una X al posto del 10. Tale espediente può sembrare inizialmente poco importante, ma in realtà è il primo indizio che ci indica la vicinanza con il testo di Pascoli, intitolato dall’autore proprio X Agosto. La X, infatti, nell’immaginario del poeta aveva un valore ben preciso: andava a rappresentare la morte del padre in quella data. Rancore dunque, riportando questa grafia nel titolo, vuole toglierci qualunque dubbio: nella canzone si farà esplicitamente riferimento alla poesia di Pascoli.

È interessante però notare come il titolo non sia solamente X Agosto, ma X Agosto 2048, ovvero una composizione di dati temporali che affianca esplicitamente la poesia di Pascoli alla data fittizia della narrazione di Rancore. In questo modo, il rapper romano vuole anticiparci il tipo di operazione che ha intenzione di compiere: non solo una riscrittura del testo di Pascoli, ma un brano in cui poesia e fiction si mescolano per mostrare come i testi poetici possano mantenere il proprio valore nel tempo, superando qualunque barriera spazio-temporale.

Rifiuti spaziali e stelle cadenti

Per comprendere meglio la riconnessione alla notte di San Lorenzo, è necessario far riferimento allo skit che introduce le canzoni della trilogia. In questa breve introduzione, Rancore, nei panni di un “cronosurfista” che sta viaggiando nel tempo, dialoga con il computer della propria macchina del tempo. La macchina spiega al viaggiatore temporale che il suo compito sarà quello di consegnare delle lettere a differenti destinatari in diverse epoche storiche e, in seguito, riassume brevemente quali saranno i contesti in cui dovrà consegnare le prime tre, che corrispondono ovviamente con le tre canzoni di cui si compone la trilogia.

Se guardiamo al punto in cui si parla della vicenda che stiamo analizzando, troviamo una considerazione molto interessante fatta dal cronosurfista. Mentre il computer parla meccanicamente della scelta di mandare uomini in orbita per raccogliere i rifiuti spaziali, Rancore osserva: “Praticamente il padre raccoglie le stelle cadenti” e il computer gli risponde: “Mi sembra un’interpretazione inutilmente romantica, ma direi di sì”.
Rispetto a questo scambio si possono individuare due elementi molto interessanti.

Innanzitutto, si evidenzia il forte distacco tra la visione informatica e quella umana.
Il primo vede solamente eventi e dati oggettivi, il secondo invece rielabora personalmente quanto ascoltato, dandone un’interpretazione artistica. E questo è forse il dettaglio più evidente, ciò che traspare già al primo ascolto.

Se, però, prendiamo nuovamente in mano Pascoli, come sappiamo fondamentale per la comprensione di questa vicenda, possiamo arricchire ulteriormente la nostra prima impressione. Rancore rappresenta di certo l’essere umano, ma, in particolare, sembra rappresentare l’artista nel senso pascoliano del termine. Ovvero, colui che scopre poesia in oggetti di qualunque tipo, anche i più impoetici (come appunto la spazzatura spaziale), poiché “non averla trovata fu difetto non di poesia nelle cose, ma di vista negli occhi”, in quanto “poesia è trovare nelle cose, come ho a dire? il loro sorriso e la loro lacrima.”

In secondo luogo, tale scambio ci spiega la scelta del 10 agosto come data fondamentale della seconda canzone. Essa è fortemente influenzata da questa visione poetica dei rifiuti spaziali, riletti come vere e proprie stelle cadenti che il padre dovrà raccogliere in quanto “netturbino spaziale”.

La prima parte della canzone: strofe e ritornello

Le prime strofe

Bello mio di papà, come stai? Dalla foto ho notato che ti sei alzato
Io sto bene, mi manchi e lo sai, ti do un bacio per ogni secondo passato
Mi sono domandato se ero un bel pensiero, se ti guidavo o ero passeggero
Neanche a dire che papà è su una navicella, non puoi vedermi se guardi il cielo

Ricevuti ordini, tu di anni ne avevi otto, facevi i compiti in salotto
Era una bella poesia il X Agosto, a costo di farmi rimanere me la ripetevi
Non eravamo più complici e mi dicevi sarei finito male, come le rondini
Ricordo molto poco dei fatti tranne che a tratti non trattenevi le [lacrime] [ritornello]

Bello mio mi ricordo i primi passetti, i bacetti alla mamma quand’eri nel ventre
Poi una grande guerra, dopo l’atmosfera, ogni bomba era una stella cadente
Mentre presero giovani, come adulti e anziani, da nomi e cognomi secondo le iniziali
Furono mandati in orbita ma nel ruolo di spazzini spaziali

Non vedere tuo padre cattivo, ti ho abbandonato, sì, ma sei vivo
Dalla mattina fino alla notte vestito da angelo netturbino
Ancora mi ricordo una poesia di Pascoli: la vita mia è come quella delle rondini
E da quel giorno X di agosto, ti ho accanto e ti parlo, tu ascoltami canto di [lacrime]

Le prime strofe hanno la forma di una lettera scritta da un padre che non vede da molto tempo il figlio.
Ci sono convenevoli, domande, riflessioni sul passare del tempo, piccoli aneddoti familiari. Per dare questa impressione Rancore utilizza
elementi quali: vezzeggiativi che rimandano al mondo infantile (“passetti”, “bacetti”). Immagini che rimandano a scene di vita quotidiana; utilizzo di un tono di voce molto basso e di un flow poco movimentato.

Queste quattro strofe non contengono però solamente riferimenti alla loro famiglia.
C’è un elemento che interrompe quest’idillica pace familiare, ovvero la guerra e le sue conseguenze. In mezzo ai versi che raccontano la crescita del figlio, si insinuano gli eventi del mondo esterno, che costringono chiunque (giovani, vecchi o anziani) ad abbandonare le famiglie per andare in orbita a ripulire l’atmosfera da resti di una grande e sanguinosa guerra mondiale, ormai conclusa. Anche il padre della nostra canzone non può fare altro che ubbidire agli ordini e partire, mentre il figlio lo implora e gli chiede di non partire recitandogli X agosto di Pascoli.

La poesia dell’autore romagnolo è quindi già presente all’interno di queste prime strofe in due modi diversi. Prima è il figlio a recitarla, nel tentativo di convincere il padre a restare. Poi è il padre a parlarne adottando la metafora pascoliana delle rondini per spiegare la propria vita al figlio. Già in questi primi versi dunque la poesia di Pascoli ha un ruolo ben preciso, ovvero quello di unire padre e figlio, permettendo loro di stabilire una forte connessione emotiva attraverso immagini e parole presenti nel testo.

Il ritornello

Lacrime su lacrime su lacrime
Guarda come cadono
Lacrime su lacrime su lacrime

Tutto è collegato da
Lacrime su lacrime su lacrime su lacrime
Lacrime su lacrime su lacrime

Tutto allagato
Lacrime su lacrime su lacrime
Guarda come cadono
Lacrime su lacrime su lacrime

Tutto è collegato da
Lacrime su lacrime su lacrime su lacrime
Lacrime su lacrime su lacrime
Piove sul bagnato

Il ritornello si presenta, a un primo impatto, come la parte meno interessante della canzone.
Consiste in una ripetizione, quasi ossessiva, della parola lacrime, dicendoci semplicemente che le lacrime sono in grado di mettere in collegamento tutto e che spesso sono presenti in grande quantità, giungendo anche quando la situazione è già difficile (“Piove sul bagnato”). In realtà, questa apparente semplicità nasconde una serie di significati che la rendono vera e propria “terra di mezzo” tra il testo di Rancore e quello di Pascoli. Le lacrime possono, infatti, essere intese sia in senso letterale, come concreta manifestazione del dolore del padre e del figlio, sia in senso metaforico, come rappresentazione delle comete che cadono sulla Terra.

Quest’ultima metafora è la stessa utilizzata nella poesia di Pascoli.
Il poeta, infatti, si riconnetteva alla credenza tradizionale secondo cui le stelle cadenti che comparivano durante la notte di San Lorenzo erano, in realtà, le lacrime piante dal Santo durante il martirio. Tale immagine nel testo di Pascoli viene associata direttamente al cielo, che, secondo l’interpretazione del poeta, piange stelle cadenti per la morte del padre.

Quest’ultimo atteggiamento può essere interpretato in diversi modi.
Ad esempio si può vedere come mancanza di comunicazione tra cielo e terra, poiché il cielo non può intervenire in nessun modo per lenire il dolore della famiglia, ma può solamente piangere. Tuttavia questa, evidentemente, non è l’interpretazione utilizzata da Rancore. Il rapper vede piuttosto nelle stelle cadenti la capacità di connettere due luoghi molto distanti tra di loro, ovvero il cielo e la terra (i due luoghi si trovano il padre e il figlio) divenendo così sia concretamente che metaforicamente delle “lacrime” che connettono ogni cosa.

La seconda parte del testo

Il punto culminante della canzone

È una guerra, partiamo, io e lei ci guardiamo, la spargo di baci, la scorgo poi colgo un “ti amo”
Tu, figlio mio, guardami in volto, io corro sul carro guardiano, andiamo
Biglietto nel palmo trascorro minuti a guardarlo, lo apro, lo leggo, ti penso, ma piango e
Non reggo l’intenso distacco e non posso rileggere più il X agosto

Dopo le prime strofe, pronunciate da Rancore in modo quasi sussurrato, il ritmo della musica e lo scorrere del flow si intensificano all’interno della strofa centrale, che descrive in modo concitato i movimenti che precedono il momento della partenza da casa.

Tale accelerazione dal punto di vista musicale è accompagnata anche da un’accelerazione dal punto di vista stilistico: le frasi si fanno meno lineari, la narrazione diviene più frammentata. Il nostro protagonista, inserendo molteplici verbi di azione, descrive la concitazione del momento e si concentra su piccoli dettagli, che gli ricordano la tragicità di quegli ultimi attimi e l’amore trasmesso dalle fugaci azioni dei suoi cari.

Particolarmente commovente risulta soprattutto il gesto del bambino, che lascia al padre un foglietto contenente la poesia di Pascoli, simbolo del legame che li unisce.

Pascoli e Rancore

Con la narrazione dell’episodio della partenza, si conclude la lettera del padre.
Allegata a quest’ultima però il cronosurfista trova anche una poesia, probabilmente quella lasciata dal figlio al padre il giorno della partenza. Egli decide di leggere anch’essa, come fosse parte della lettera stessa, come se fosse un pegno, una promessa del futuro ritorno del padre.

San Lorenzo, io lo so perché tanto
Di stelle per l’aria tranquilla
Arde e cade, perché sì gran pianto
Nel concavo cielo sfavilla

Ritornava una rondine al tetto
L’uccisero: cadde tra i spini
Ella aveva nel becco un insetto
La cena de’ suoi rondinini

Ora è là, come in croce, che tende
Quel verme a quel cielo lontano
E il suo nido è nell’ombra, che attende
Che pigola sempre più piano

Anche un uomo tornava al suo nido
L’uccisero: disse: Perdono
E restò negli aperti occhi un grido
Portava due bambole in dono

Ora è là, ora è là, nella casa romita
Lo aspettano, aspettano in vano
Egli immobile, attonito, addita
Le bambole al cielo lontano

E tu, tu, Cielo, dall’alto dei mondi
Sereni, infinito, immortale
Oh, oh, d’un pianto di stelle lo inondi
Quest’atomo opaco del Male

Il X agosto di Pascoli

Ruggero Pascoli venne ucciso (probabilmente per questioni d’onore) mentre tornava a casa dalla famiglia. I colpevoli non vennero mai trovati e, per questo motivo, il nostro poeta non ebbe mai occasione di risanare del tutto la dolorosa ferita.

Scrisse, però, nel 1896, a 29 anni dalla morte del padre avvenuta il 10 agosto 1867, un’opera poetica: X agosto.
È un testo intenso, profondo, in cui il poeta cerca in qualche modo di raccontare ed esorcizzare degli eventi, che, a distanza di anni, appaiono ancora inspiegabili e dolorosi. Per far ciò, utilizza metafore e personificazioni, con cui cerca in qualche modo di estendere le sofferenze della condizione umana al resto della natura. E così utilizza la metafora della rondine, morta mentre era intenta a portare cibo ai suoi piccoli, per far comprendere l’amore con cui il padre provvedeva alla famiglia (rappresentato anche dal dettaglio delle bambole portate in dono ai figli).

Chiama in causa persino il cielo, trasformando le stelle cadenti di San Lorenzo in un “gran pianto” di sofferenza da cui viene inondato questo nostro minuscolo pianeta governato dall’ingiustizia. Come viene detto nel testo di Pascoli, “quest’atomo opaco del Male”.

Il X agosto di Rancore

Il punto in cui Rancore declama il testo di Pascoli è forse il più intenso dell’intera canzone.
Il flow utilizzato riproduce in piccolo la struttura delle strofe della canzone. I primi versi sono recitati con dolcezza e semplicità, ma, man mano che la poesia va avanti, il tono diviene sempre più deciso e concitato. L’apice viene raggiunto con le ultime due strofe, durante le quali aumentano contemporaneamente l’intensità della musica e della voce.
In questo punto, per rendere il momento ancor più concitato, Rancore si concede di modificare leggermente il testo di Pascoli. Duplica alcune espressioni come “Ora là” o “aspettano invano” o, infine, “E tu”. Dopo la declamazione della poesia, nessun commento. Torna però nuovamente il ritornello, a ricordarci come le lacrime, bagnate o celesti che siano. abbiano di connettere ogni cosa, esseri umani e natura.

Al di là di questa declamazione, possiamo notare come la poesia di Pascoli agisca a più livelli del testo. È presente fisicamente come vettore di affetto tra i due protagonisti, attraverso il foglietto che padre e figlio si scambiano, ma, allo stesso tempo, è presente concettualmente nella loro mente. Essi, infatti, si immedesimano nei personaggi presenti all’interno del testo (il padre nelle rondini, il figlio nel poeta che prova sofferenza per la morte del padre). Allo stesso tempo è anche presente nella struttura di base della canzone, pur essendo evidente il ribaltamento del punto di vista. Infatti, mentre nel testo di Pascoli è il figlio a scrivere della morte del padre, in Rancore è il padre a scrivere al figlio, nel tentativo di avvisarlo di essere ancora vivo e pronto a lottare per non finire come le rondini della poesia e tornare da lui.

Un ulteriore livello di lettura può essere poi individuato nel momento in cui si viene in possesso di un’informazione fondamentale sul passato di Rancore. Anch’egli, come Pascoli, ha perso il padre in giovane età. Vista da questo punto di vista, la canzone diviene un’immaginaria lettera del padre di Rancore, che si rivolge al figlio dall’alto dei cieli.

Conclusione

In questi tempi di guerra, X agosto 2048 giunge a noi direttamente dal futuro per ricordarci delle verità che non svaniscono con il passare del tempo, o con il trasferimento in un altro punto della Terra o del Sistema Solare. L’indissolubilità del rapporto padre-figlio e la capacità della letteratura di divenire categoria con cui interpretare il mondo che cambia attorno a noi,  divenendo, al contempo, scrigno in grado di conservare ricordi e sentimenti che ci uniscono ad altre persone.

Insomma, è attraverso X agosto che il padre riesce a mantenere una forte connessione con il figlio, nonostante la lontananza, a rievocare ricordi e momenti di felicità con il figlio, a immedesimarsi nei sentimenti provati dal figlio durante la sua assenza.

Forse è proprio in questo senso che Rancore giustifica la propria carriera d’artista. Forse è questo il ruolo che vuole avere nella società. Scrivere testi che possano unire le persone e che, attraverso le parole, possano imprimere un marchio profondo in ciascuno di noi.


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