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L’Esorcista del Papa – quando l’esorcismo fa scappare qualche risata

Diretto da Julius Avery, il film si basa (molto) liberamente sugli scritti di Padre Gabriele Amorth

Il filone esorcistico è un sottogenere dell’horror molto praticato e prolifico, con L’esorcista di William Friedkin a fare da guida. Proprio Friedkin ha dedicato un documentario a Padre Gabriele Amorth, esorcista del Vaticano che, per sua stessa dichiarazione, avrebbe praticato nella sua carriera più di 50.000 esorcismi.

Ora Julius Avery decide di indagare, a suo modo, la figura di Amorth con L’esorcista del Papa, in sala dal 13 aprile, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Avery (Overlord, Samaritan) parte dagli scritti dello stesso Amorth, con una sceneggiatura firmata da Michael Petroni (Possession, Il rito) ed Evan Spiliotopoulos (Il sacro male) e affida la parte dell’esorcista del Vaticano a Russell Crowe.

Trama di “L’esorcista del papa”

La giovane vedova Julia (Alex Essoe) eredita una antica abazia in decadenza in Spagna.
Vi si trasferisce dall’America assieme ai due figli (Laurel Marsden e Peter DeSouza-Feighoney) per dedicarsi alla ristrutturazione e alla vendita della struttura.

Tuttavia il piccolo Henry inizia a mostrare segni di autolesionismo e, una volta visitato dal prete della zona, si scopre che il giovane è stato posseduto da un demone. Il sacerdote Gabriele Amorth, capo esorcista del Vaticano, viene inviato dal Papa in Spagna per occuparsi del caso, ma si ritroverà ad indagare su fatti nascosti dalla Chiesa e risalenti persino ai tempi della Santa inquisizione spagnola.

Ai limiti del Trash

Se ci si aspetta un approccio canonico, un taglio rigoroso e fedeltà alla figura di Padre Amorth che tutti in qualche modo conosciamo, la faccenda diventa presto problematica. Se invece si decide di entrare in sala con una giusta dose di spirito ironico a cui attingere, si potrebbe addirittura godere la visione.

Il confine tra non prendersi sul serio e comicità involontaria è spesso così sottile da diventare impalpabile. Il film di Julius Avery viaggia così smaccatamente nella corsia del trash, che diventa quasi impossibile pensare che non sia fatto apposta.

Un prete duro, giuggiolone e in Lambretta

L’agente del Vaticano al servizio del Papa (Franco Nero) gira a bordo di una Lambretta bianca, decorata con lo stemma della Ferrari. Che sia una trovata trash o un riferimento campanilistico al fatto che Amorth era modenese non si saprà mai.

Il Gabriele Amorth di Russell Crowe è così bravo da far sembrare credibile l’incredibile.
È un personaggio sicuro di sé, arrogante, un vero duro. Tra John Constantine e Van Helsing, Amorth è un uomo di Chiesa e d’azione, che butta giù le porte a calci e spallate, ma che non disdegna nemmeno l’ironia burlona e vagamente blasfema, basti pensare che si diverte a fare “cucù” alle suore.

la versione di Crowe ha ben poco a che vedere con quella del vero Amorth, anche se non mancano riferimenti puntuali al fatto che era stato partigiano, alla laurea in Giurisprudenza, alla passione per il giornalismo.

Ma cosa sto guardando?

Più simile a un cinecomic e a un thriller investigativo soprannaturale in stile Dan Brown, il film di Julius Avery non è certo un horror canonico. Pur infarcito dei più classici stilemi dell’horror e del sottogenere esorcistico in particolare (voci distorte, teste che ruotano, gente che viene lanciata da una parte all’altra della stanza, tuoni e fulmini), L’esorcista del papa non è un horror.

Si parla di peccato, di colpa, di fede, di complotti millenari della Chiesa, di Inquisizione, ma in un modo talmente sopra le righe che sembra impossibile che lo scopo di Avery fosse quello di realizzare un film da prendere seriamente.

Il Vaticanoverse?

Sul finale si lascia intendere che L’esorcista del Papa potrebbe essere solo il primo capitolo di un universo cinematografico. Il tutto è talmente sconcertante che, se preso col giusto spirito, al film di Julius Avery si finisce col voler bene, anche alla luce degli evidenti errori.

Conclusioni

Dal punto di vista tecnico è imbarazzante, la regia è troppo semplice e metodica, la sceneggiatura è zoppicante, i dialoghi sono pomposi e artificiali, l’utilizzo delle musiche è un azzardo e il montaggio è l’ennesima sfida ai sensi dello spettatore.

Russell Crowe, attore di razza, regge il peso del film sulle spalle con una facilità disarmante. Se state cercando un horror efficace o una ricostruzione puntuale e realistica delle gesta di Padre Amorth, il consiglio è quello di lasciar perdere. Se invece siete dei veri fan di Russel Crowe, e lo amate come attore, sarete capaci di trovare in questo inferno di film degli attimi di paradiso.


Dario Esposito

In arte Mr.Zero, sono un autore e sceneggiatore appassionato di scrittura creativa. Amo il cinema e tutto ciò che è Nerd, in particolar modo il genere fantasy, i fumetti e i giochi di ruolo.

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