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Il Sol dell’Avvenire – C’è tutto Nanni Moretti

Nanni Moretti all'ennesima potenza nel suo nuovo film

Gareggerà al Festival di Cannes 2023Il sol dell’avvenire“, l’ultima fatica di Nanni Moretti.
Dopo l’accoglienza, non proprio calorosissima, di Tre piani, primo caso in cui il regista romano si è cimentato con un soggetto non suo, Moretti torna a fare un film alla Moretti. Un film che è una sintesi del suo cinema, una storia attraverso la quale il regista guarda al passato e pensa al futuro. Non un testamento, come espresso a chiare lettere dallo stesso Moretti, ma una riflessione (auto)ironica che abbraccia il personale e il professionale, quel che c’è dentro e quel che sta fuori dal set.

Trama – Il sol dell’avvenire

Giovanni (Nanni Moretti) è un regista che sta girando un film ambientato nel 1956, in cui Silvio (Silvio Orlando), il segretario di una sezione del PCI della periferia romana, si ritrova alle prese con una serie di questioni morali e politiche quando, d’accordo con la moglie (Barbora Bobulova) invita il circo ungherese Budavari. Proprio quando gli artisti circensi arrivano a Roma, in Ungheria la popolazione si ribella al regime sovietico.

Giovanni è un regista meticoloso, fermo nelle sue ideologie e ritualità, che spesso cozzano con le esigenze dell’industria contemporanea e con la pazienza della moglie Paola (Margherita Buy), che fino a quel momento ha prodotto tutti i suoi film. Il mondo del cinema sta cambiando, questo Giovanni lo sa bene. Quel che ancora non sa è che anche la sua vita privata è arrivata a una svolta.

Un film alla Moretti

Il sol dell’avvenire è un film alla Moretti, che si chiede se abbia ancora senso fare film alla Moretti nel panorama contemporaneo. Questo lo sanno bene sia il regista che il suo alter-ego Giovanni, minoranza in un mondo in cui per i gusti delle minoranze non c’è spazio.

Prima di iniziare le riprese di ogni film, Giovanni ha una sua rigorosissima ritualità da seguire: mangiare il gelato sul divano con la moglie Paola e la figlia Emma, guardando Lola di Jacques Demy e avvolto in una copertina. Giovanni fa sopralluoghi in monopattino accompagnato dal produttore, ripete i ciak all’infinito, è fissato con le canzoni italiane e ha la tendenza a voler dire la sua su tutto, anche quando le faccende non lo riguardano in prima persona.

È il caso della visita al set del film, di cui la moglie è co-produttrice, una storia padre-figlio di matrice shakespeariana diretto da un regista sulla cresta dell’onda con la fissazione per le scene violente. Giovanni arriva, blocca i lavori a un passo dall’ultimo ciak, cerca di convincere regista e produzione della futilità ideologica della violenza esibita, chiama a fare da consulenti Renzo Piano, Corrado Augias, Chiara Valerio, telefona a Martin Scorsese. Una sequenza di memorabile ironia, come memorabile è il racconto dell’incontro con i vertici di Netflix, coi suoi prodotti visti in 190 Paesi, che rimprovera al film di Giovanni di avere “uno slow burner che non esplode” e lamenta l’assenza di momenti “what the fuck”.

Tra quel che è stato e quel che potrà essere ancora

Nanni Moretti, che firma la sceneggiatura insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santelia, muove la narrazione tra due storie e due piani temporali che si intrecciano, tra film e vita. È un gioco di specchi, di incastri a scatole cinesi quello de Il sol dell’avvenire. Giovanni è l’alter-ego di Moretti, Silvio quello di Giovanni.

E quello ambientato nel 1956 non è l’unico film nel film.
Giovanni sogna di dirigere un film su una coppia pieno di canzoni italiane, e ne sta scrivendo un altro tratto dal racconto di John Cheever Il nuotatore, rammaricandosi di non averlo fatto quand’era più giovane.

Giovanni (e per estensione Nanni Moretti) non è solo regista, è marito, uomo e padre e la sua figura è indagata a 360 gradi. Perché è a 360 gradi che Moretti si mette in discussione, riflette su stesso, si confronta con quello che è stato e quello che potrà essere ancora, in un ritratto a tutto tondo tra cinema e vita. Chiamandoci in causa in prima persona, come spettatori, a riflettere sul nostro essere parte attiva (o passiva?) di un processo di cambiamento.

Conclusioni

Il sol dell’avvenire è un film ironico, autoironico, con momenti estremamente divertenti, squisitamente morettiano e ricco di auto-citazioni che non mancheranno di scaldare il cuore agli affezionati di vecchia data. Amaro e critico, ma per niente disperato, l’ultimo film di Moretti sembra chiudere un cerchio per aprirne uno nuovo.

Dopo aver pensato al più drammatico possibile dei finali per il suo film, Giovanni decide di invertire la rotta e si domanda cosa succederebbe se cambiasse prospettiva.

Il cambio di prospettiva c’è e Giovanni riscrive la storia, finisce per ammorbidirsi, per mettere in un cassetto tutte le sue avversioni, abbandonandosi a una danza liberatoria e di rinascita sulle note di Voglio vederti danzare.


Dario Esposito

In arte Mr.Zero, sono un autore e sceneggiatore appassionato di scrittura creativa. Amo il cinema e tutto ciò che è Nerd, in particolar modo il genere fantasy, i fumetti e i giochi di ruolo.

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