I fan dei Foo Fighters dovrebbero correre al cinema: Studio 666 è finalmente nelle sale (grazie a Nexo Digital). Un’occasione unica per vedere sul grande schermo la rock band composta dal deus ex machina Dave Grohl, il bassista Nate Mendel, i chitarristi Pat Smear e Chris Shiflett, il tastierista Rami Jaffee e il batterista Taylor Hawkins – scomparso a dir poco prematuramente lo scorso marzo.
Attenzione, non si tratta né di un docufilm, né di un film concerto, ma di una comedy horror che, tuttavia, può tranquillamente essere chiamata “il film dei Foo Fighters”
I motivi di questa definizione sono tanti.
In primis perché è esattamente quel concentrato di rock che ci si può aspettare da una delle band più rappresentative del genere.
Trama di Studio 666
Il film nasce da una storia creata da Dave Grohl.
La sceneggiatura è sviluppata da Jeff Buhler (già autore del remake Pet Sematary e di The Prodigy – Il figlio del male) e Rebecca Hughes.
Lo spunto di Studio 666, che nasce dalla storia immaginata da Dave Grohl, è semplice ma efficace e si lega alla realizzazione del decimo album dei Foo Fighters. Per registrarlo, la band si trasferisce a Encino, in California, in una villa isolata che ha nel suo passato una macabra storia del rock.
Decenni prima, nel 1993, in quel luogo un rocker si è spinto troppo oltre, è stato posseduto dal demonio ed è entrato in contatto con forze oscure. Una sorte che tocca allo stesso Dave Grohl, una volta giunto in questa casa, mettendo a repentaglio la realizzazione del disco e la sopravvivenza stessa della band, i cui membri (il bassista Nate Mendel, il chitarrista Pat Smear, il batterista Tayolor Hawkins, il chitarrista solista Christ Shifflett e il tastierista Rami Jaffee) devono operarsi per fermare la maledizione che ha travolto loro e il loro leader.
Il resto, senza troppi spoiler, è un tripudio di splatter, musica e caos: insomma, di rock.
Se la trama può sembrare esile, non è un’impressione, poiché lo è davvero. E forse proprio in questo consiste la genialità di Studio 666. Si riesce a trasformare un racconto horror piuttosto tradizionale in una pellicola ad alto tasso rock.
Recitare sé stessi
Il merito va distribuito tra più persone, a partire dal regista BJ McDonnell.
Già dietro la cinepresa di film come Hatchet III (2013) e di vari videoclip degli Slayer, forte della sua esperienza con il genere horror, abbraccia l’idea rock di Grohl e dirige lui e gli altri musicisti in una spericolata avventura talmente assurda da risultare addirittura convincente.
Dave e soci non sono certo interpreti eccelsi – del resto, sono talmente grandi nella musica che possono ben permettersi di non eccellere in altro – ma dovendo interpretare sé stessi, possono spaziare tra l’autobiografico e l’autoparodia, mescolando talmente le due dimensioni da risultare credibilissimi.
Tanti i riferimenti a John Carpenter
Tra i punti di forza di Studio 666 si aggiunge un dettaglio, decisamente considerevole, che risponde al nome di John Carpenter. Proprio lui, il maestro degli horror, è l’altro nume tutelare di Studio 666, in vari modi.
Non solo per i riferimenti cinematografici, da Fuga da New York, a Halloween e La nebbia, ma anche per la sonorità. Non per niente il tema iniziale inaugura una colonna sonora firmata da Roy Mayorga, batterista dei Ministry, che rimanda inevitabilmente a quelle di Carpenter.
Un cast pieno di comparse
Nel cast di Studio 666 si contano due camei importanti (Lionel Ritchie e lo stesso John Carpenter), un’ospite divertente (Kerry King, chitarrista degli Slayer) e un cast di supporto altrettanto esplosivo: da Jeff Garlin (il discografico Shill) a Whitney Cummings (interpreta la vicina di casa sexy); da Will Forte (l’addetto delle consegne a domicilio e aspirante rocker in cerca di una spinta) a Jenna Ortega (la nuova Mercoledì nella serie Netflix sulla famiglia Addams).
Ci sono anche altre due grandi protagoniste. Anzitutto la musica, che è tanta, potente e Rock per antonomasia; poi l’autoironia dei Foo Fighters, e di Dave Grohl in particolare, che compensa l’eccessiva lunghezza del film.
Tra battute da bandmates e, soprattutto, i giochi di ruoli che ci si può aspettare all’interno di una delle più grandi band rock, in cui il leader può soffrire di qualche smania da primadonna (possessione demoniaca a parte).
Conclusioni
Studio 666 non è un film che può piacere o interessare a tutti, ma che può incontrare il gusto di almeno due grandi categorie di spettatori.
Da una parte i fan dei Foo Fighters e dell’approccio giocoso che hanno alla loro arte, dall’altra gli appassionati di un certo tipo di horror che gioca con se stesso e il gore che mette in scena.
Un ibrido tra commedia e orrore al quale, pur nei suoi limiti anche artistici, non si può non voler bene.
belli tutti questi innumerevoli articoli su film e serie
Lui è un bravo critico
Non male come film devo dire
Buono a sapersi
Ottimo!
Interessante…