Quando circa un anno fa uscì il primo trailer di House of the Dragon, molti fan lo accolsero con freddezza e scarso entusiasmo, me compreso. Eravamo ancora scottati dal deludente finale di Game of Thrones e temevamo di venire nuovamente delusi da una serie di cui, sostanzialmente, non capivamo il senso.
Perché narrare qualcosa come La Danza dei Draghi, già molto ben conosciuta da tutti gli appassionati, e non parlare piuttosto di qualche aspetto non ancora esplorato del Mondo del Ghiaccio e del Fuoco?
Così ci siamo avvicinati alla prima puntata esitanti e con una certa diffidenza. Pronti a criticare qualsiasi scelta di trama discutibile, o ogni piccolo dettaglio poco convincenti della messinscena. Non sapevamo che avremmo assistito a una prima stagione incredibile, degna dei momenti più alti di Game of Thrones.
La Casa del Drago
House of the Dragon racconta eventi avvenuti ben 300 anni prima di quelli raccontati nella serie principale.
In questo periodo storico, il potere è saldamente nelle mani dei Targaryen, ancora in grado di fare affidamento sull’immenso potere che i draghi gli garantiscono.
In particolare, a governare è Viserys I. Un re pacifico e gentile che sta facendo di tutto per avere un erede maschio in grado di succedergli sul Trono di Spade. Possiede, infatti, solamente una figlia, Rhaenyra, che decide di nominare come prossima regina, dopo l’ennesimo tentativo fallito di avere un maschio. E manterrà salda questa decisione anche dopo la nascita del suo primogenito Aegon.
Questa semplice scelta del re, genererà la scintilla che farà scoppiare un vero e proprio incendio nei Sette Regni.
Da questo piccolo e breve accenno di trama possiamo notare le tematiche fondamentali, già in parte presenti in Game of Thrones, ma qui esplorate in maniera ancora più approfondita. Le regole di successione al trono e il loro intrinseco maschilismo, le trame di palazzo e gli scontri tra le varie casate nobili per il trono.
Si delinea così una trama molto tesa e piena di colpi di scena. Ogni conflitto nasce dalla pura ambizione dei singoli personaggi, o anche solo dal tentativo di impedire a una donna di prendere il potere.
Lo spettatore si ritrova scagliato in prima persona all’interno di questi intrighi. Ha la possibilità di osservare i movimenti, più o meno segreti, di ciascuna pedina e i modi in cui queste mosse andranno a incastrarsi tra di loro, fino a causare una serie di conseguenze che, concatenate, scateneranno la Danza dei Draghi, la grande guerra civile tra i Targaryen.
Sulle orme di Game of Thrones
La tragicità e la discreta casualità di questa folta concatenazione di eventi, viene perfettamente rappresentata attraverso una vera e propria rivisitazione di alcune caratteristiche fondamentali di Game of Thrones. Ovvero la varietà delle ambientazioni e l’impostazione sostanzialmente dialogica delle puntate.
Come nella serie originale, tutte le vicende sono ambientate nel vivido mondo medievale di Westeros.
In particolare, all’interno dei suoi castelli, dove si svolgono tutti gli scontri per il potere. D’altro canto, l’infinita varietà di luoghi e di personaggi protagonisti, che tanto ci aveva affascinato nella vecchia serie, è qui totalmente assente. Viene sostituita da un’esplorazione continua di tutte le stanze e gli anfratti di Approdo del Re, e di pochi altri ambienti del variopinto Mondo del Ghiaccio e del Fuoco.
Se uno degli obiettivi di Game of Thrones (e della serie originale di romanzi) era di imbastire una grande trama, che attraversasse e coinvolgesse tutte le terre inventate da George R.R. Martin, qui abbiamo una storia molto più concentrata sul Trono di Spade. In particolare, sulle stanze da cui i nobili determinano il destino del regno. Si imbastisce una vera e propria indagine sui rapporti umani, e sul modo in cui l’ambizione e il desiderio di potere sono in grado di deformarli.
In quest’ottica, l’ambientazione si unisce in maniera armonica con i toni sempre più cupi della narrazione, e il declino progressivo delle relazioni tra i personaggi. I colori accesi e allegri delle prime puntate diventano gradualmente sempre più scuri e spenti, fino a culminare nell’incredibile tempesta di fulmini finale, che darà inizio alla vera e propria Danza.
L’altro elemento fondamentale della narrazione sono i dialoghi, che costituiscono l’80% di ciascuna puntata. Tuttavia, nonostante ciò, nessuna di esse è mai noiosa o troppo lenta. Essi infatti sono sapientemente scritti e calibrati, in maniera tale da non essere mai superflui. Sono caratterizzati da molti sottotesti e intenzioni nascoste, che la maggior parte delle volte può conoscere integralmente solo lo spettatore, unico testimone di tutti gli eventi della storia.
Tutto ciò è così ben congegnato che, a partire dalla quinta puntata, il non detto comincia a essere quasi più importante di quanto viene apertamente dichiarato dai personaggi. Emblema di questo sono le scene del matrimonio di Rhaenyra e del funerale di Laena. I soli giochi di sguardi tra i vari personaggi sono in grado di sostenere la narrazione e di mantenere alta la tensione.
In questa ragnatela di relazioni e complotti, di detto e non detto, di sincerità e menzogna, si incastona una serie di azioni e di gesti che costituiscono dei veri e propri punti di non-ritorno.
House of the Dragon racconta la storia di una guerra civile, che però è nata da uno scontro prima di tutto familiare. Di conseguenza, durante tutta la stagione, non c’è mai uno strappo netto. I personaggi sono costretti dalla loro vicinanza parentale a compiere quasi ogni azione insieme. I loro legami, oltre i numerosi doveri verso il reame, li spingono a temporeggiare e a rimandare continuamente lo strappo definitivo, che avverrà solamente nel tragico finale.
Personaggi memorabili
È inutile negarlo. House of the Dragon, con tutti i suoi dialoghi ben scritti e le sue bellissime ambientazioni, non sarebbe stata la stessa cosa senza l’incredibile cast scelto per la messinscena delle vicende dei Targaryen.
Tutti gli attori, nessuno escluso, hanno interpretato perfettamente il loro ruolo. Hanno reso più vivi e ancora migliori i personaggi, già di per sé ben scritti.
Molti di loro sono addirittura già diventati figure iconiche.
Parlo, ad esempio, del Daemon di Matt Smith, di cui molti si sono innamorati, nonostante la sua bieca moralità e i suoi atti di violenza gratuita. Oppure il Criston Cole di Fabien Frankel, innamorato tradito che, pieno di rancore per essere stato rifiutato, diviene da valoroso e onesto cavaliere a scagnozzo senza scrupoli al servizio della regina.
Monumentale è stata soprattutto l’interpretazione di Paddy Consadine. Ha trasmesso tutta la tragicità e la problematicità del destino di Re Viserys, un uomo troppo buono e pacifico per governare su Westeros, in grado di compiere solo scelte dettate dal cuore che divideranno inevitabilmente il reame.
Perfette sono state anche le quattro interpreti di Rhaenyra e Alicent (Milly Alcock per Rhaenyra giovane, Emma D’arcy per Rhaenyra adulta, Emily Carey per Alicent giovane e Olivia Cooke per Alicent adulta). Nonostante le sostituzioni a metà stagione, dovute alla crescita dei personaggi a seguito dei salti temporali, sono riuscite a mantenere una linea comune, e a dare un carattere ben definito alle due regine di Westeros.
A dorso di drago
In questa nuova serie, tuttavia, non sono gli attori gli unici protagonisti.
Sono presenti anche dei personaggi di cui, nelle ultime stagioni di Game of Thrones, avevamo avuto solo un assaggio: sto parlando ovviamente dei draghi.
Nell’epoca in cui è ambientata la storia, i draghi vivi sono ancora numerosi, saldamente nelle mani dei Targaryen e dei loro cugini, i Velaryon. Queste famiglie li utilizzano in guerra e, soprattutto, come strumento politico per affermare il proprio dominio sulle altre casate.
Tale fatto è, forse, uno dei motivi principali per cui questa guerra diverrà così famosa e storica. Non è solamente un conflitto civile tra membri di una stessa casata. Si tratta di uno scontro tra due fazioni, che hanno entrambe la possibilità di schierare in battaglia la potenza distruttiva dei draghi.
Ma, al di là delle questioni politiche varie ed eventuali, come sono esteticamente i draghi di House of the Dragon? Semplice. Sono letteralmente incredibili e, soprattutto, tutti diversi.
Ce ne sono di grandi e di piccoli. Alcuni sono grossi come castelli, altri sinuosi e più simili a serpenti. Ne esistono di miti e tranquilli, altri, invece, iracondi e vendicativi.
I draghi di House of the Dragon non sono, dunque, solamente degli espedienti con cui rendere le scene più spettacolari. Sono dei veri e propri personaggi che prendono parte alla narrazione, e a cui gli spettatori tendono ad affezionarsi. Questo grazie all’attenzione che gli autori hanno dedicato alla realizzazione dei loro design.
L’inizio della Danza dei Draghi
House of the Dragon è riuscita a fare qualcosa di veramente inimmaginabile.
È andata ben al di là di qualunque aspettativa dei fan. Ha ripristinato, in parte, l’immagine del franchise di Game of Thrones dopo l’incredibile delusione causata dal finale della serie principale. Ora nessuno pensa più a quella fatidica ottava stagione.
Tutti attendono solamente l’arrivo, probabilmente nel 2024, delle nuove puntate di questa sorprendente serie. Assisteremo, finalmente, allo scoppio definitivo di una guerra che incendierà e distruggerà tutta Westeros.
La famosa Danza dei Draghi.












Bellissima recensione. Molto avvincente.
Concordo questa prima stagione è stata perfetta non c’è stato un episodio noioso o privo di trama ma tutto si intrecciava in modo magnifico io ho amato tantissimo i neri mentre i verdi non li sopporto proprio; ora non vedo l’ora che esca la seconda stagione