Con Beau ha paura, Ari Aster pare aver mutato il suo atteggiamento verso l’horror.
il genere che lo ha reso famoso dopo un esordio folgorante, Hereditary, e il suo secondo lavoro, Midsommar. In realtà, il suo è un ritorno all’origine, a quei cortometraggi che fin dalla sua tesi di laurea hanno sempre esplorato l’incubo del quotidiano. Spesso trattano di famiglie disfunzionali, talmente eccessive da trascendere nel paradossale.
Trama – Beau ha paura
Beau (Joaquin Phoenix) è un uomo di mezza età, insicuro e trasandato, che vive in uno squallido appartamento in un quartiere di una normale città degli Stati Uniti. Il film inizia, letteralmente, con la nascita di Beau, dall’utero alla “luce” e fin da subito ci si accorge di quanto sia apprensiva la madre Mona (Zoe Lister-Jones e Patti LuPone), preoccupata dal fatto che il nascituro non emetta nessun suono.
È proprio il rapporto con la madre che innesca la storia alla base del film. Beau deve andare a trovarla per l’anniversario della morte del padre, ma una serie di sfortunati eventi si metteranno in mezzo fra l’uomo e il suo proposito. Prima gli verranno rubate le chiavi di casa e la valigia, poi una folla di persone della peggior specie invaderà la sua casa e infine verrà investito da un furgone. Forse, non tutto il male viene per nuocere, e protagonista verrà salvato da Grace e Roger (Amy Ryan e Nathan Lane), la coppia che lo investe per strada. Roger è uno stimato chirurgo e rimetterà in sesto Beau, resta da capire se per un’opera caritatevole o per altri scopi, più loschi.
Da qui in poi inizierà il viaggio del protagonista. Fra gente dei boschi che inscena opere teatrali, un pazzo che inseguirà Beau e l’arrivo a casa della madre, con una serie di rivelazioni, che più che dare un senso compiuto al film, lo renderanno ancora più incasinato.
Dura troppo
Altro problema con Beau ha paura è la durata.
Il film diventa una maratona sfiancante, soprattutto perché la sua imprevedibilità smette di essere una risorsa, diventa una sorta di manierismo narcisista, con cui il regista sostanzialmente se ne va a briglia sciolta. Verso dove? Non si sa.
La pellicola avanza inanellando un dialogo criptico dopo l’altro, senza che però si riesca veramente a caratterizzare i vari personaggi, a parte lui, Beau. Phoenix lo si segue mentre si muove dentro un universo dove ogni logica è persa e vuota.
Phoenix è bravo, ma stanca
Anche qui tutto il film poggia su Joaquin Phoenix, autore di un’altra grande performance.
Oppure no? Perché Beau ha paura gli consegna in mano l’ennesimo personaggio emotivamente disturbato, fuori di testa, ed ormai siamo onesti, questo suo percorso comincia ad essere esasperante. Il punto è che questo è un protagonista a dir poco irritante per non dire insopportabile.
Beau non subisce una particolare evoluzione, un particolare cambiamento nel giro di tre ore, se ne va in giro preso a cazzotti da chiunque. Ok, ha dei grossi problemi emotivi, è pauroso, debole, insicuro e succube di una madre. ok e quindi?
Conclusioni
Beau ha paura è il perfetto esempio di un cinema egoista e senza freni. Non ha limiti e non ha uno scopo che non sia quello di guardarsi allo specchio e dirsi che si è bravi. Notevoli le scenografie e la fotografia, ma finita lì, tutto è monco, strozzato, vittima di una scrittura impietosa.
Si può anche scorgere una critica fino ad un certo punto riuscita alla società americana. Mi riferisco al suo classismo, al nuovo feudalismo, che pone il potere davanti a tutto. Non ci si spaventa e il film prova a far ridere lo spettatore a qualche battuta senza senso.