Concludiamo l’analisi del nuovo album di Anastasio. Ecco gli ultimi tre brani.
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Dea dai due volti
Una canzone ispirata dalle poesie che Baudelaire aveva dedicato alla sua amante Jeanne Duval. Il testo gioca su un accostamento continuo tra opposti, utilizzando numerose immagini che descrivono in maniera varia ed espressiva le sensazioni contrastanti generate dall’amore per la ragazza.
Il testo
La cenere nevica tiepida sul mio cuore
Venere sviene alle mie parole
D’amore si sveglia poi senza passioneMi strappa la faccia e me la ricuce
È con il dolore che mi seduce
Le tenebre bruciano dentro
Le fiamme all’inferno non fanno luceGattonando berrò alla tua fonte
Puttana santa madre delle ombre
Il tuo abbraccio mi salva la vita
Se passi le dita sulla mia fronte
Mi sento un bimbo mi sento vivo
Sopra la seta nel tuo respiro navigherò
Senza fare domandeDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoStrega tu accendi l’aurora in un cielo di melma
E rimani ferma a vedermi annegare
Nella bellezza che solo il tuo inganno
Nella carezza che strappa la pelleÈ l’inferno baby
Ognuno lo crea per se stesso
Il poco che chiedi il riflesso preciso
Del mondo infinito che hai persoTi chiedo soltanto di starmene immerso
Nel miele più denso che mi sai dare
Dona l’amore al peggiore dannato
E persino all’inferno lo senti cantareBaby, ti prego strappami all’oblio
Puoi farlo soltanto guardando laddove non guarda l’amore di dioDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoAffilami i coltelli sopra l’anima
Inghiottimi nel fuoco della vanità
Le orbite degli occhi fanno cerchi su nel cielo
Come i gabbiani sopra una discaricaDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contentoDea dai due volti
Strappami il cuore dal petto
Mettilo dentro il tuo miele
Fammi morire contento
La mia analisi
Questa è forse la canzone più “tecnica” dell’album da un punto di vista strettamente letterario. Anastasio incastra tutta una serie di metafore antitetiche e molto vivide, appartenenti a diversi campi semantici quali “il caldo e il freddo”, “infanzia e vecchiaia”, “violenza e dolcezza”. Questa continua alternanza è costruita con il puro e semplice obiettivo di rappresentare in maniera sfacciata e sdolcinata i dualismi che caratterizzano l’amore.
Dopo sei canzoni complesse e ricche di contenuto, “Dea dai due volti” rappresenta il perfetto stacco che permette all’ascoltatore di fare una pausa e “riposarsi” prima di arrivare ai due densissimi pezzi che vanno a concludere l’album.
Cosa dice Anastasio
Nelle poesie dedicate alla sua musa Jeanne Duval Baudelaire presenta questa donna come un demone salvatore, una donna che ti rende felice e con il sorriso ti manda all’inferno.
L’impero che muore
Anastasio ci proietta in un impero ormai sulla via del tramonto, mettendoci di fronte a una visione che vuole parlarci dell’essere umano e della contemporaneità.
Il testo
Le feste dell’Impero che muore
Sono sempre le più riuscite
Per la strada suona la banda
Le ragazze sono impazzite
È festa, sono morti gli dei
Sono morti gli eredi
Le ragazze appiccano incendi
I ragazzi battono i piedi
Nelle piazze dell’Impero che muore
Le campane suonano a festa
Il futuro non ci riguarda
Il presente non ci interessa
Adesso nell’Impero che muore
Guarda come piangono i pazzi
I violini suonano strani
I soldati ballano scalziE sua maestà
In bocca una spiga di grano
In mano ha una spada di pane
Inzuppata di sangue
Sua maestà
Lancia petali sulla rivolta
La sorvola dal suo elicottero gigante
E se le sirene non suonano più
Se i danzatori non danzano più
Se le parole non parlano più
Che cosa rimane?
Se i suonatori non suonano più
E se le parole non sparano più
Il silenzio che resta qui giù
Diventa pesanteLa folla cammina veloce
Quelli in prima fila sono bendati
Perché non si scopra qualcosa di atroce
Tipo che i soldati sono scappati
Cantano rivolta tutti a gran voce
Per riverniciare gli anni passati
Portano una croce di legno di noce
Per rivendicare i loro peccati
Prendono il castello, ma non scorre sangue
Lungo le muraglie non ci sono guardie
Sua maestà li ha lasciati soli
Dentro un labirinto di saloni vuoti
E i ribelli abbandonati a se stessi
Si guardano in faccia fino a quando possono
Il potere ha già cambiato forma
E per misericordia vi ha lasciato il bozzoloE sua maestà
In bocca una spiga di grano
In mano ha una spada di pane
Inzuppata di sangue
Sua maestà
Lancia petali sulla rivolta
La sorvola dal suo elicottero giganteIl castello datelo alle fiamme
E che l’incendio illumini la sera
Ma fate che vi bastino i fucili a salve
E fate che vi sazi questa messinscena
Finirà la musica e sarà il terrore
Arrivati ad affrontare il vuoto
Capirete il vecchio imperatore
E pregherete per il terremotoSua maestà
In bocca una spiga di grano
In mano ha una spada di pane
Inzuppata di sangue
Sua maestà
Lancia petali sulla rivolta
La sorvola dal suo elicottero gigante
E se le sirene non suonano più
Se i danzatori non danzano più
Se le parole non parlano più
Che cosa rimane?
Se i suonatori non suonano più
E se le parole non sparano più
Il silenzio che resta qui giù
Diventa pesante
Cosa dice Anastasio
Nel testo rappresento una città medievale con i suoi elementi classici, un castello, i soldati e il popolo. In questo impero che muore e va verso la rovina il popolo festeggia attorno agli incendi, i ribelli danno l’assalto al castello e l’imperatore, in uno spiazzante fotogramma anacronistico, fugge in elicottero. Ora che il potere è stato abbattuto i ribelli si sentono persi e senza uno scopo. Ma in realtà hanno solo abbattuto un simbolo perché il potere è solo trasmutato.
La mia analisi
Il testo ci parla di due gruppi di persone che affrontano la realtà in decadenza del loro regno in due maniere diverse.
I primi hanno organizzato una gigantesca festa. Queste persone infatti ormai private di ogni speranza e consapevoli del progressivo declino a cui sta andando incontro la società, danno luogo a sfrenati festeggiamenti, che però sono caratterizzati da un retrogusto amaro, in quanto generati non tanto dalla gioia quanto piuttosto dalla disperazione. Questi individui non vedono un futuro e sfogano la loro rabbia ballando e cercando di distrarsi in ogni modo.
I secondi cercano invece di agire in prima persona contro il potere organizzando una rivolta. Così scendono in piazza, dirigendosi verso i luoghi-simbolo del governo del sovrano sotto la guida di personaggi “bendati” (piccolo indizio del futuro fallimento della loro azione), e riescono a occupare la città. In seguito si scopre però che tutto ciò era già stato previsto dai potenti, che hanno abbandonato la postazione ai ribelli, lasciando loro solo un palazzo vuoto, ormai inutile ex-involucro del potere.
Nel frattempo, il sovrano osserva tutto dall’alto. Niente è in grado di toccarlo, né i festaioli, né i rivoltosi. Lui passa semplicemente sopra a tutti i quanti, usando il suo elicottero. È intoccabile. Non gli importa nulla delle feste o della rivolta o persino del decadimento generale che sta causando il suo stesso governo. Lui non vuole il bene pubblico, anzi è proprio lui il principale aguzzino del popolo, che viene tenuto in ostaggio attraverso il potere datogli dal cibo e dalla violenza (rappresentati dalla spiga di grano, tenuta in bocca con noncuranza, e dalla spada di pane macchiata di sangue, tenuta in mano come un vessillo).
I versi chiave
Prendono il castello, ma non scorre sangue
[…]
Lungo le muraglie non ci sono guardie
Sua maestà li ha lasciati soli
Dentro un labirinto di saloni vuoti
E i ribelli abbandonati a se stessi
Si guardano in faccia fino a quando possono
Il potere ha già cambiato forma
E per misericordia vi ha lasciato il bozzoloIl castello datelo alle fiamme
E che l’incendio illumini la sera
Ma fate che vi bastino i fucili a salve
E fate che vi sazi questa messinscena
Finirà la musica e sarà il terrore
Arrivati ad affrontare il vuoto
Capirete il vecchio imperatore
E pregherete per il terremoto
L’imperatore permette tranquillamente ai rivoltosi di assaltare il castello e prenderlo facilmente. A lui non importa se i simboli del suo governo vengono danneggiati o distrutti, perché lui detiene il Potere. Egli infatti indipendentemente dal luogo in cui si trova ha il controllo su tutto e tutti ed è libero di ignorare apertamente le proteste dei rivoltosi, che non hanno in realtà alcuna possibilità di raggiungere il suo livello (anche se gli viene data l’impressione di poterlo fare).
Attraverso questa allegoria pseudostorica, Anastasio vuole parlarci del potere contemporaneo e della difficoltà da parte dell’uomo moderno di comprendere quale sia il reale luogo in cui si trova il potere. Certo anche oggi esistono Stati e strutture di potere ben delineate, ma spesso, osservando lo sviluppo degli eventi, pare evidente che il potere non stia totalmente tra le mani dei governanti. Non parlo ovviamente di complotti o di lobbies, ma di realtà che spesso stanno palesemente sotto i nostri occhi, tra le quali troviamo ad esempio centri di potere industriale quali le multinazionali, che detengono il controllo su tutto quello che acquistiamo, o centri di potere energetico, quali gli emiri arabi, che mantengono una forte influenza sulle nostre vite attraverso il controllo delle risorse petrolifere, oppure, infine, alcuni centri di potere più pop, che detengono una forte influenza sull’opinione pubblica quali, ad esempio, Hollywood e alcuni influencer come Fedez e Chiara Ferragni.
Di conseguenza il cittadino comune non sa più in che direzione voltarsi per cercare di cambiare le cose, ed è spesso costretto a una scelta: deve decidere se “fottersene e ballare” come suggerisce Dargen D’amico in “Dove si balla“, oppure provare in qualche modo a protestare sulla piazza pubblica o virtuale. Ma in ogni caso non potrà cambiare nulla: il potere sarà sempre un passo avanti e sempre in grado di cambiare forma, un po’ come l’antica divinità greca Proteo, capace di assumere molteplici forme per non farsi prendere da chi cercava di afferrarlo per porgli una domanda.
L’uomo, il Cosmo
Una canzone che proietta quanto creato dall’essere umano all’interno dell’immensità dell’universo.
Il testo
Immagina il cosmo un attimo prima del grande botto
Una tela nera senza spazio e tempo
Senza luce e ombra, senza sopra e sotto
E immagino il grande petardo cosmico che esplode dal niente
Il colpo mastodontico del più grande fuochista di sempre
E le stelle lanciate lontano, ma tanto lontano che è facile credere
Che fossero solo in missione a portare la luce, a sfregiare le tenebre
E in qualche manciata di milioni di secoli
Si è creato un sistema di stelle, pianeti e satelliti
Su una di queste palle di roccia volanti ci sono milioni di omini pensanti conVisioni, passioni, rimpianti, poi
I fiori, i caimani, gli alianti, un cane buffo, un gelato al puffo
Le piante carnivore, le vipere, le cascate, le allodole libere, ehi
C’è pure un parcheggio, e c’è il sottoscritto
Un amico mi sfotte perché l’ho girata una merda e gli dico di starsene zitto
E invece parliamo, diciamo che il cielo è un immenso grandangolo
E finiamo d’accontentarci delle quattro stelle che ora ci rimangono
Parliamo di vita e di morte
“Se il Sole si spegne, che cosa rimane?” mi dici, compare
“Fino a prova contraria, io sono immortale
E non c’è niente a questo mondo che mi fa paura
A parte il niente”Perché per quanto ne so io, quando qui sarà tutto freddo
Non sono certo che l’oblio sia tanto meglio dell’inferno
Un’esplosione? Un mormorio? Non c’è speranza di saperlo
La biglia corre sul pendio e l’uomo coglie il suo momentoE se ci pensi, ogni parola mai detta, ogni segno sul muro
Passato, futuro, presente
Ogni criptovaluta e pittura rupestre è sepolta per sempre
Ogni foto ricordo
E i vari cerchi di monoliti eretti in onore di dei antichi guardiani del mondo
I riti d’inverno che invocano il Sole
Canti d’estate a salvare il raccolto
Vecchie riviste da sala d’aspetto
Ogni millisecondo che sembra perfetto
Ogni verso di pietra di un vecchio poeta vissuto ingabbiato in un secolo stretto
Tutto questo, e non solo questo, si sta dissolvendo
Nel vento del tempo, amico mio
Che guardi il cielo per sentirti piccolo
Come prima di te un cavernicolo, e dopo di te un transumano
Sii grato, se non a Dio, quantomeno al caso
Di essere al centro dell’esperimento del vissuto umano
Sii grato!
E accetta di buon grado che ogni giorno che hai passato è andato perso nel silenzio
Perché è vero che viviamo in dissolvendo
Ma io penso che, forse, da abbastanza lontano, ogni attimo è eternoPerché per quanto ne so io, quando qui sarà tutto freddo
Non sono certo che l’oblio sia tanto meglio dell’inferno
Un’esplosione? Un mormorio? Non c’è speranza di saperlo
La biglia corre sul pendio e l’uomo coglie il suo momento
Perché per quanto ne so io, quando qui sarà tutto freddo
Non sono certo che l’oblio sia tanto meglio dell’inferno
Un’esplosione? Un mormorio? Non c’è speranza di saperlo
La biglia corre sul pendio e l’uomo coglie il suo momento
Perché per quanto ne so io, quando qui sarà tutto freddo
Non sono certo che l’oblio sia tanto meglio dell’inferno
Un’esplosione? Un mormorio? Non c’è speranza di saperlo
La biglia corre sul pendio e l’uomo coglie il suo momento
La mia analisi
Dopo un intenso assolo di piano realizzato dal pianista dei Subsonica Boosta, veniamo sorpresi da un momento di silenzio, che ci lascia momentaneamente confusi e incerti su come potrà proseguire il pezzo. Poi irrompe improvvisamente la voce di Anastasio, accompagnata da un rumore sordo simile a un tonfo. Il significato simbolico di questo incipit va di pari passo con il contenuto del testo: così come la voce di Anastasio rompe il silenzio per generare immagini all’interno della mente dell’ascoltatore, il Big Bang frantuma il silenzio e il nulla presenti prima della nascita dell’universo, dando origine a ogni cosa. In seguito la canzone ci parla di come, da quel momento, ogni oggetto non abbia mai smesso di espandersi e di mutare, dando a un certo punto origine anche a creature viventi come piante, animali o, soprattutto, esseri umani. Questi ultimi, nonostante le loro minuscole dimensioni rispetto all’immensità dell’universo, hanno dato a loro volta origine a mondi interi all’interno del loro mondo, già di per sé ricco di dettagli allo stesso tempo insignificanti e incredibili.
Ma non solo.
L’essere umano è anche in grado di concepire con la propria mente l’immensità di tutto questo, alternando stupidi scherzi tra amici e riflessioni sul misterioso e infinito scorrere del tempo (come dimostra l’aneddoto che riguarda lo stesso Anastasio).
Questo brano vuole insomma essere un inno all’infinita complessità del mondo. Per realizzare ciò, Anastasio mette sullo stesso piano elementi giganteschi e minuscoli, naturali e artificiali, con l’obiettivo specifico di generare stupore e meraviglia in chi sta ascoltando.
I versi chiave
Tutto questo, e non solo questo, si sta dissolvendo
Nel vento del tempo, amico mio
Che guardi il cielo per sentirti piccolo
Come prima di te un cavernicolo, e dopo di te un transumano
Sii grato, se non a Dio, quantomeno al caso
Di essere al centro dell’esperimento del vissuto umano
Sii grato!
E accetta di buon grado che ogni giorno che hai passato è andato perso nel silenzio
Perché è vero che viviamo in dissolvendo
Ma io penso che, forse, da abbastanza lontano, ogni attimo è eterno
L’universo non è eccezionale solamente per l’infinita varietà di elementi presenti, ma anche e soprattutto per due fatti ben precisi. Da un lato possiamo infatti notare come ognuna di queste cose sia in continua ed eterna evoluzione: nulla rimane mai uguale a se stesso, tutto cambia continuamente. Ma, d’altro canto, tale fatto non sarebbe nulla di particolare senza il secondo: ad osservare tali mutamenti ci sono gli esseri umani. Essi sono (forse) gli unici a essere in grado di percepire lo scorrere di quello che loro chiamano tempo e, di conseguenza, detengono il fardello di doversi costruire una vita, essendo allo stesso tempo consapevoli che ogni cosa in ogni momento potrebbe finire. E ciò è avvenuto e avverrà in ogni momento della storia, senza che l’uomo possa far nulla per cambiare lo stato delle cose. Egli può solamente accettare lo stato delle cose e vivere, tenendo bene a mente quanto sia particolare e fortunata la sua posizione nell’universo, avendo ricevuto il dono di poterlo percepire e di poter agire attivamente al suo interno.
Cosa dice Anastasio
Il pezzo vuole essere un viaggio, inizia con un lento zoom che parte dal big bang, passa per galassie e pianeti per arrivare infine a soffermarsi sui più piccoli particolari di ciò che ci circonda come “un gelato al puffo”, “un parcheggio”, “una pianta carnivora”, “le allodole libere”… Penso sia la perfetta chiusura dell’album perché paradossalmente porta con sé una grande apertura, il lento zoom-in si trasforma in un concitato zoom-out che alla fine rimane sospeso tra lo spazio e il tempo.
Conclusione
Siamo giunti alla fine di questo lungo percorso tra le parole e le note di Anastasio. Un percorso fatto di riflessioni di diverso genere. Siamo passati dalla psicologia alla filosofia, passando anche per la sociologia e la religione. E tutto questo grazie alle parole di Anastasio, che ci hanno permesso di realizzare quanto si era proposto originariamente l’autore dell’album. Attraverso la dolcezza della musica, abbiamo riflettuto sulle amarezze e sulle gioie della società e della vita, scoprendo nuove prospettive sulla realtà o sulla nostra interiorità.
Prima di salutarvi, vorrei però fare una piccola sintesi delle tematiche affrontate attraverso una più attenta analisi della disposizione delle tracce (mai casuale all’interno degli album, ricordatevelo).
Siamo partiti con due canzoni, “E invece” e “Assurdo”, che raccontano del cambiamento a cui è andato incontro Anastasio nel periodo intercorso tra Atto zero e MIELEMEDICINA. L’artista metese è maturato ancor di più e ha abbandonato tutta la rabbia che aveva caratterizzato la precedente fase della sua vita, in favore di un atteggiamento più rilassato e meno “serioso”. Poi siamo giunti a due brani-manifesto del progetto MIELEMEDICINA: “Babele” e “Simbolismo”.
Nel primo abbiamo affrontato il tema della capacità generativa del linguaggio e delle modalità d’utilizzo del linguaggio nella contemporaneità. Nella seconda invece, attraverso un’elaborata allegoria, abbiamo riflettuto sul sempre complesso rapporto tra l’essere umano e Dio. A metà poi, a “spezzare in due l’album”, come detto da Anastasio in un’intervista, abbiamo trovato “Tubature”, brano folle e fuori dagli schemi, in grado di creare una netta separazione tra prima e seconda parte del disco. Quest’ultima si apre con Magari, nuovo pezzo introspettivo che riprende il secondo brano dell’album, e prosegue con “Dea dai due volti”, canzone più leggera che permette all’ascoltatore di riposarsi prima del gran finale, composto da “L’impero che muore” e “L’uomo, il Cosmo”. Il primo, posto in corrispondenza con “Babele” (se escludiamo “Tubature”, l’uno è il terzo e l’altro il settimo), affronta nuovamente tematiche sociologiche e politiche, offrendoci una riflessione sulla natura del potere nella contemporaneità. Il secondo, posto in corrispondenza con Simbolismo (sempre escludendo “Tubature”, sono il quarto e l’ottavo), affronta il tema del rapporto tra l’essere umano e l’immensità dell’universo, offrendoci una visione della realtà realista ma allo stesso tempo piuttosto positiva e concludendo perfettamente questo lungo cammino fatto di dolcezza e complesse riflessioni.
Spero che questo viaggio tra i testi di Anastasio vi sia piaciuto.
Io vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo articolo.
Qual è la vostra canzone preferita dell’album? Io personalmente adoro le allegorie e il timbro “sporco” de “L’impero che muore.
Bellissimo articolo
Grazie! 😀
“Nulla rimane mai uguale a se stesso, tutto cambia continuamente.”
Esattamente! Condivido.
Grazie della lettura e del commento! Una piccola curiosità (se ti va di rispondere ovviamente): conoscevi già Anastasio o l’hai scoperto con i miei articoli?
Grande Anastasio!
mi è piaciuto
non lo conosco