È il titolo di un libro del compianto Oliver Sacks, scomparso nel 2015 a 82 anni. Neurologo di fama internazionale, aveva iniziato in realtà con un forte interesse per la chimica, virato poi verso la medicina grazie all’influenza dei genitori (la madre è stata una dei primi chirurghi donna in Inghilterra).
I suoi libri sono celebri in tutto il mondo, da L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello a Risvegli (da cui è stato tratto il film del 1990 con Robert de Niro e Robin Williams), e trattano casi clinici con umanità e partecipazione.
Musicofilia è il misterioso amore per la musica congenito in quasi tutti i nostri consimili (“quasi” perché c’è anche chi la detesta), una predisposizione innata, che sviluppiamo sin da piccoli. Misterioso perché la musica, in realtà, non ha alcun beneficio pratico: non si mangia, non insegna un lavoro o un’attività, non ha utilità pratica. Però ci dà comunque dei benefici: ci scalda, ci coccola, allevia le nostre pene.
È proprio strano vedere un’intera specie – miliardi di persone – ascoltare combinazioni di note prove di significato e giocare con esse: miliardi di persone che dedicano buona parte del loro tempo a quella che chiamano «musica», lasciando che essa occupi completamente i loro pensieri.
La musicofilia può essere un aspetto tipico di alcuni di noi, oppure nascere all’improvviso in soggetti non musicali, per esempio a seguito di traumi, crisi epilettiche, neoplasie in alcune aree cerebrali o altre patologie dell’encefalo, oppure senza alcuna apparente causa, magari semplicemente dopo un’esperienza che ci ha particolarmente toccati. L’incipit del libro inizia proprio con il caso di un uomo con una vita normalissima che fu colpito da un fulmine. Da quel momento in poi, la sua vita cambiò e si incentrò talmente tanto sulla musica che perfino la sua vita sociale ne risentì.
Ma ci sono anche persone che sperimentano queste “epifanie musicali” dopo un viaggio interessante o la semplice vista di uno strumento attraverso una vetrina.
La musica può anche manifestarsi in noi in modo autonomo e quasi imponendosi sui nostri pensieri, può essere fastidiosa come i motivetti che infestano il cervello anche per giorni oppure in allucinazioni uditive causate da traumi o da compensazione di sordità parziali. In questi casi, vi sono perfino persone che, dopo l’iniziale timore, si sono affezionate a quella specie di demone che ha preso possesso della loro mente.
Quasi tutti traggono piacere nella musica, anche se non allo stesso modo. C’è chi ha orecchio assoluto (riconosce quale nota è stata suonata) o relativo, ma non sa suonare, chi ha passione ma non orecchio, chi ha orecchio e anche capacità musicali. A partire dagli anni Novanta, sono state riscontrate piccole differenze tra il cervello dei musicisti e quello di non musicisti, con un maggiore sviluppo di alcune aree cerebrali nei primi rispetto ai secondi.
Eppure la musica fa appello a entrambe le componenti della nostra natura: nel momento stesso in cui ne apprezziamo la struttura formale, una composizione può anche toccarci nel profondo dell’animo.
La musica, nella nostra mente, ha un che di prodigioso e a volte di grottesco.
C’è chi perde la capacità di recepire la musica a seguito di traumi o altre problematiche (amusia: le note cominciano a suonare tutte uguali, non c’è senso dell’armonia), chi vede la musica in mille forme e colori (sinestesia), chi conosce e ricorda più di duemila opere solo ascoltandone un frammento (savants musicali), chi compensa la cecità con strabilianti abilità musicali, chi mantiene intatta la propria capacità di suonare anche durante amnesie profonde, afasici che riconquistano la parola solo cantando, malati di Tourette che “guariscono” ascoltando o suonando musica…
A proposito di “guarire” (anche se i termini più adatti potrebbero essere “trattare” o “alleviare”): questa strana successione di note che è la musica è anche terapeutica.
È stata usata, infatti, per alleviare i disturbi del Parkinson o delle encefaliti (in una scena del film Risvegli si vedono malati encefalici, completamente immobili, rispondere positivamente alla musica e cominciare a mangiare da soli), o per risvegliare alcuni stimoli in pazienti apatici, dementi o malati di Alzheimer. Ma non solo. I suddetti pazienti possono sviluppare autonomamente una particolare predisposizione alla musica.
E poi ci sono sindromi che recano in sé la peculiare caratteristica della musicalità, come la Sindrome di Williams, che unisce deficienze cognitive e intellettuali a straordinarie capacità musicali.
Insomma, la musica è un fenomeno affascinante ed eterogeneo, che prende forse origine dai suoni e ritmi della natura, o dalle nenie ripetitive cantate dai genitori per segnalare ai figli la propria vicinanza, per diventare il compagno della nostra vita nel bene e nel male.





“La musica è semplicemente là per parlare di ciò di cui la parola non può parlare. In questo senso, la musica non è del tutto umana.” – Pascal Quignard –
Bello l’articolo, interessante.
Grazie!
Bella citazione!
davvero utile