Mondadori pubblica Più Felice Che No (More Happy Than Not), il primo romanzo dell’autore ormai celebre Adam Silvera, il 15 novembre 2022. Prezzo di copertina, 18,00€.
Adam Silvera è conosciuto soprattutto per L’Ultima Notte della Nostra Vita, da cui ha tratto anche il prequel La Prima Ultima Notte.
Più Felice Che No
Aaron Soto sta vivendo un periodo molto difficile.
Dopo il suicidio del padre per motivazioni a lui inspiegabili, la vita gli appare difficile da affrontare. Su un polso presenta una cicatrice che simula un sorriso, una cicatrice che gli ricorderà per sempre il proprio di tentativo di suicidio dopo la dipartita del padre, nella sbagliata idea che dopo la morte del genitore non ci fosse ragione di resistere.
Dopo quell’episodio, si impegnerà a fondo per dare il meglio di sé e non lasciarsi più trascinare in quel vortice oscuro. Cerca di godersi la vita e divertirsi con i suoi amici dall’infanzia, affiancato da Genevieve, la ragazza con cui ha una relazione da un anno.
Non si può dire la stessa cosa per il nucleo familiare. Il fratello, Eric, non gli presta particolare attenzione e non interagiscono in alcun modo, mentre la madre è sempre impegnata con doppi lavori, per permettere loro di vivere in quella piccola casa in cui è presente una sola camera da letto. Dopo la morte del padre, le appare triste e vuota, sul comodino figurano alcuni dépliant, tra i quali uno del servizio Leteo. Leteo è in possesso di una scienza che permette la cancellazione dei ricordi, dando l’opportunità a un individuo di ricominciare una nuova vita lontano da ciò che lo segna ed inibisce. Aaron crede che la madre si avvarrebbe della procedura, se soltanto avessero il denaro con cui pagarla.
Nella spensieratezza dell’estate dei suoi sedici anni, Aaron continua a sentire la mancanza del padre, ma un nuovo incontro avverrà e Thomas entrerà a riempire le sue giornate. Thomas, un ragazzo che molla tutto quando comincia ad annoiarsi, quando non prova più alcun interesse, che non mantiene mai per troppo tempo un luogo di lavoro e che non ha ancora capito che tipo di persona sia, cosa voglia dalla vita.
Successivamente a questa conoscenza, Genevieve partirà per tre settimane per un corso d’arte. Aaron
trascorrerà sempre più tempo con Thomas, inserendolo anche nella sua cerchia di amici.
In pochi giorni entrambi si considereranno il migliore amico dell’altro, saranno affiatati come mai lo sono stati con le persone a loro vicine.
In Aaron cresce l’idea che a Thomas piacciano i ragazzi. Per lui è chiaro e cristallino, ed aspetta soltanto che un giorno gli dica la verità.
Ma gli avvenimenti cambieranno, le gelosie da parte di Genevieve e del suo gruppo di amici insorgeranno, prendendo di mira Thomas e, ad un certo punto, Aaron si renderà conto di essere innamorato del suo nuovo migliore amico.
Nulla va come dovrebbe, le sue idee sono confuse, l’astio tra i suoi conoscenti cresce e perfino Thomas lo rifiuterà. Aaron decreterà che l’unico modo per essere felice, per rendere felici tutti, sia sottoporsi al Leteo e cancellare i suoi sentimenti per Thomas.
Guardando le ombre dalla lanterna di carta verde non si capirebbe mai che le due persone sedute vicine a cercare di trovare se stesse sono due ragazzi.
Tematiche – Più Felice Che No
Povertà
Aaron vive nella periferia del Queens, in un quartiere dove dilaga lo spaccio di droga e la mala vita.
Arrivare a
fine mese è estremamente difficoltoso. Mantere un tetto sopra la testa non è facile e non posso permettersi di cambiare casa, di poterne prenderne una più grande. La famiglia Soto, per anni, ha condiviso lo stesso letto, finché crescendo Aaron ed Eric si sono trasferiti nel soggiorno. Aaron si vergogna della sua casa, non vuole mai mostrarla a nessuno, soprattutto ai suoi amici che sono in possesso di abitazioni più grandi, di entrate economiche più consistenti, benché navighino nelle stesse acque.
Non può permettersi capricci o di essere difficile, di avere dei desideri, ma si muove soltanto inseguendo i veri bisogni che gli impediscono di prendere più di quanto possa avere.
Aaron lavora in un piccolo mini market vicino casa, e cerca sempre di passare il suo piccolo stipendio alla madre per aiutarla. Ma se vuole regalare qualcosa alla sua persona preferita, si impegnerà e non baderà alle spese.
Suicidio
A primo impatto il lettore viene messo di fronte alle azioni del padre, suicida perché non felice.
Aaron è provato da quell’evento, dal non essere stato abbastanza per il padre da resistere e rimanere con loro. Ma con il proseguire della storia, quel gesto estremo prende delle connotazioni completamente diverse, peggiori. Di punizione per chi è rimasto.
Aaron, invece, si ferma quando si rende conto che non sta ottenendo ciò che voleva: libertà, felicità. Quel tentativo che avrebbe portato ad una sola direzione, lo condurrà da un’altra parte, in decisioni che potrebbero rivelarsi perfino più severe, nocive.
Sto sognando, per forza, dov’essere un incubo, perché è impossibile che la vita sia solo questo, una sequela infinita di cose terribili che si conclude con un abbandono.
Omofobia
L’odio è dilagante e in questo caso, va di pari passo con l’omofobia. Se nelle serie de L’Ultima Notte della Nostra Vita e E Se Capita a Noi? erano aspetti secondari, quasi inesistenti. In Più Felice Che No è di tutt’altro avviso.
Aaron ne è vittima da ogni lato. Lo riceve da quasi tutti quelli che lo circondano e che reputava le persone più importanti per lui. Non gli viene data tregua, non gli è permesso abbassare la guardia, viversi per quello che è realmente.
Vi è una tale violenza da sopprimerlo.
Nessun dialogo, interazione, può far accettare la sua reale natura, dissipare i dissensi e imparare a guardare con occhi diversi. È una realtà di cui ha avuto sempre paura, e si è rivelata peggiore di quanto avesse preventivato.
Viene punito con la giustificazione che sia per il suo bene, ma è solo una vile scusa.
Cancellare sé stessi
Aaron desidera l’intervento di Leteo per modificare, correggere, il suo reale orientamento sessuale. Vuole cancellare l’essere gay, diventare etero per fare felici tutti gli altri, tranne se stesso. Vivere per sempre in una bugia, senza che ne sia minimamente consapevole. Trascinare le persone vicine nella sua recita, per un nuovo sé.
Non trova un’altra soluzione, non può ottenere ciò che vuole davvero e la sua omosessualità ha portato soltanto scompiglio e dolore in chi lo circonda. Rovina tutti i suoi cari.
Aaron vuole che vengano cancellati tutti i ricordi legati al ragazzo che ama, riscrivere quei sentimenti e direzionarli verso Genevieve che non molla la presa.
Ma alterare ed eliminare dei ricordi, riscrive davvero la vera natura di un individuo?
Non puoi dare la colpa alla procedura se il cuore ha ricordato quello che la mente ha dimenticato.
Considerazioni
Adam Silvera ha una sua reputazione, non esistono storie facili, gioiose e con il lieto fine. È sempre una sorta di compromesso, come lo è la vita vera.
Nemmeno Più Felice Che No si astiene da ciò.
L’approccio con questo romanzo è stato un po’ complicato, non è riuscito a conquistarmi nelle prime cento/centotrenta pagine. L’opera inizialmente risulta grezza, uno schema lento e noioso, più che altro riempivo che con il vero scopo di raccontare qualcosa. Che potrebbe andare bene considerata che è, appunto, la sua prima opera, ma con i temi affrontati, con la durezza con cui mette in relazione il lettore e il suo protagonista, stonano parecchio.
Appare quasi qualcosa di superfluo.
Aaron racconta in sintesi la sua storia, cerca di mettere in pari chi lo legga, ma c’è un distacco e un mancato approfondimento che non va per niente bene. Occorrerà arrivare alla terza parte de Più Felice Che No per prendere veramente corpo. Colpire, stendere, illuminare il lettore e il protagonista stesso, rivelare le verità di cui eravamo completamente sprovvisti. Unire finalmente i punti e comprendere cosa sia realmente accaduto.
Se la prima parte è un brodo di quotidianità, necessario a raccontare chi sia davvero Aaron e quanto si sia annullato, dalla terza è un trionfo di avvenimenti e sensazioni.
Quando si tiene in mano Più Felice Che No, non si sa realmente dove si sta andando, dov’è che l’autore vuole arrivare e qui potrebbe esserci qualche pecca di troppo.
Nella prima pubblicazione in lingua originale, nel 2015, Più Felice Che No aveva un finale ben specifico, con quell’amaro in bocca del compromesso, ma degno. Nel 2020 è stato rilasciato un secondo finale in continuazione, che la versione rilasciata da Mondadori contiene.
Ma era un ulteriore finale necessario? Io l’ho trovato piuttosto ripetitivo, ridondante.
Per quanto certe carte cambino, in realtà ritrovarselo nero su bianco, ribadendo anche molte cose già chiuse con il primo finale, non aggiunge niente. Forse addirittura toglie.
Comprendo che sia un proseguimento nato per ringraziare e dare qualcosa di più ai lettori che l’hanno sostenuto fin dall’inizio della sua carriera, ma purtroppo non riesco ad apprezzarlo come dovrei.
Il dolore ti può aiutare a trovare la felicità solo se sei in grado di ricordarlo.
C’è anche da additare della tossicità radicata nei personaggi.
Genevieve è questa santa, cara ragazza innamorata di Aaron, che ignora volutamente cosa ci sia realmente dentro di lui, per chi batte il suo cuore e prova realmente per lei. Recita una parte e smette di vedere intorno a sé pur di tenerselo stretto. È un modo sbagliato di amare, è questo è soltanto una sintesi di cosa è contenuto tra
le pagine di Più Felice Che No. Purtroppo non mi pare sia sottolineato abbastanza quanto lei sia in errore in quello che fa. Se Aaron ha le sue colpe, lei non è esente.
Su Thomas credo ci siano dei problemi di illusione.
Oltre al fatto che sinceramente non mi pare di vedere tutti quanti grandi momenti tra lui e Aaron (cosa che invece avverrà con tutt’altro personaggio) da scatenare tutto quello che ne conseguirà, si presenta questa tendenza da parte dell’autore di sbattere ripetutamente contro l’idea che ci si è fatta di Thomas, prima smentendola, poi confermandola e poi smentendola di nuovo, in un ciclo a ripetizione senza fine. Illude immotivatamente sia il lettore che il povero Aaron che ad un certo punto non sembra più capire nulla.
Questo interrogativo su chi sia realmente Thomas rimane e ogni volta che si pensa di aver chiuso la porta, se ne apre un’altra e poi subito dopo altre due. Non mi pare il miglior modo di gestire una precarietà così volubile, soprattutto se continua a insistere anche nel secondo finale senza un reale scopo se non portare scompiglio inutilmente.
Per Aaron, invece, si desidera soltanto il meglio. La vita l’ha talmente preso di mira che viene continuamente bersagliato senza permettergli di riprendere fiato.
C’è tanta delicatezza nel modo in cui viene affrontato e narrata la sua storia, ma c’è anche altrettanto accanimento. Una sofferenza che non conosce limiti e Aaron ci affonda completamente. E noi con lui.
Posso dire che diverse cose in Più Felice Che No siano prevedibili e facilmente individuabili, ma tutte le altre sono completamente inaspettate.
Tra alti e bassi, conoscere e perdersi nella storia di Aaron vale il viaggio.




